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Pagina:Praga - Memorie del presbiterio.djvu/280

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Allora, vedendo che io conosceva il suo segreto, mi si buttò piangendo ai piedi, e mi scongiurò di non tradirla, di rispettare la pace dell’uomo per cui ella stava morendo.

— Egli non sa nulla, mi disse torcendosi le mani, non sa nulla..... io sola..... io sola.....

E la piena della emozione le mozzava le parole.

Era angosciata; le chiesi perdono, la levai da terra, cercai di calmarla, di dissipare i suoi timori, di farle coraggio, di prendere con leggerezza la cosa.

— Giuratemi, disse, ch’egli nè altri non saprà mai nulla.

La guardavo sorpreso.

— Ella mi afferrò le mani e mi guardò supplichevole in modo ch’io mi affrettai a prometterle tutto quel che voleva.

Sedette, chinò la testa stanca sul petto ansante e pianse lungamente, angosciosamente.

Mi alzai.

Ella si riscosse, e mi pregò di rimanere.

— Debbo dirvi, soggiunse, com’è stato, voi non dovete sospettare che di me.....

Allora ella mi narrò le deplorevoli vicende che erano seguite dopo il nostro ultimo colloquio sulla strada del Fontanile.

Già da alcuni giorni ella aveva avuto presentimento della disgrazia. Le mie parole le avevano tolto le ultime illusioni.

La buona creatura, al primo affacciarsi della terribile certezza, aveva subito pensato: — che si dirà di lui?

Ella non si inquietava di sè, della sua vita, della sua salute, ma della riputazione di lui — povera martire!