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148 | v - da «memorie e lacrime» |
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A UN AMICO
Invidiarmi? Illuso! abbiti care
le dolcezze del tuo vivere oscuro.
Spensierato, se lasci il picciol muro
della tua casa e il patrio limitare.
Vedrai scaltre lusinghe, emule gare,
troverai contra te que’che tuoi fûro:
sempre il ben tardo; il mal sempre maturo;
opre dovunque ambiziose e avare.
Passa pur fra la turba immaculato:
nel suo bruno mantel chiuso in disparte,
sempre il livor ti noterá in peccato!
Questa, amico, è la gloria: è questa l’arte
della fortuna. E poi si muor. Beato
chi ignoto arriva e ignoto se ne parte!
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Nato nel grembo di nebbiose lande,
bello apparisti e formidabil tanto,
che spesso i lauri delle tue ghirlande
andâr bagnati del femmineo pianto.
Varia del viver tuo per varie bande
suonò la fama, e talor fosca, ahi! quanto.
Ma chi t’intese, ti compianse, o grande
e giovin re del desolato canto!
Uomini, fede ei vi chiedeva, e tacque
lo steril mondo. Amor gli fu venduto.
L’ebbe senz’oro e non gli die’ conforto.
Allor lanciossi dell’Egèo sull’acque.
Non vi giovi indagar com’è vissuto:
pensate sol dove il poeta è morto!