145E tu, come riverberi
dolci di me, le amasti.
Ma, quando i tuoi pensieri
non vaporâr piú casti,
i raggi miei sinceri 150tolsi dal fronte lor,
ed in oblii gelati,
o in tedi acerbi e neri
languir quei maculati
spettri del mio splendor.
155Felice, se con rigida
pietá gentil, qualcuna
ti ritardò nell’alma
la noia usata e bruna,
e sull’austera salma 160raggiò il mio casto vel!
Tu certo in lei t’affisi
con piú dolcezza e calma
che nei ridenti visi
cui piú non ride il ciel.
165Pur non è questo un dittamo
che ti rattempri il duolo:
sete di ben t’asciuga,
e sei gelato e solo;
la noia il cor ti fruga 170con la sua scarna man;
scemano i pii legami,
cresce l’iniqua ruga,
e tu, piangendo, chiami
la giovinezza invan.