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44 i - edmenegarda

Ma in quella gaia compagnía la loro
gondoletta non venne. E tu la miri
colaggiú, solitaria, in lontananza.
150abbandonarsi alla balía del vento,
come sviato pellegrin che pianga
per lo deserto.
In quelle cento prore
l’aperta gioia sfolgorò. Qui siede
il dolore e l’amor, fiori di tempra
155passionata e gentil, che cercan sempre
gioie romite.
E quando quella turba
di navicelle, dai percossi flutti,
una ad una, scomparvero, a misura
che il ciel piú sempre si vestía di stelle,
160quel remoto battel venne alla riva.
     I languidi occhi Edmenegarda spinse
dietro la folla che, dai curvi ponti
diradata calando, iva in dileguo.
E sgombero di genti era giá il lido...
165se togli un uom, che si tenea per mano
due fanciulletti, con le fronti chine
e vestiti a gramaglia.
Ahi, che parola
di tremendi dolori indossar lutto
di persona vivente!
Ella conobbe
170l’anime offese, e serpeggiar la morte
sentí nel cor; ma si contenne. E, volti
gli occhi sul mare, al suo tacito amico:
— Come è bello — dicea — questo lucente
solco, che sotto all’agitar dei remi,
175qual per magica verga, esce dall’acque! —
     Cosí volâro i tempi. E le congiunte
anime solitarie, come due
rondini amanti che fuggir dal falco,