Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. II, 1916 – BEIC 1901920.djvu/152

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achille


Figlio de’ tempi novi,
tu dormi; e me la Parca
e l’irsuto Chiron crebbe alla lode.
25In mar d’oblio tu movi
la piccioletta barca;
10la gran vela alle dardanie prode.
Né giá Briseide tolta
dal dispettoso acheo
30indugiò l’ire della mia quadriga.
Risvegliati una volta,
c del divino Egeo
ribevi l’aura che alla gloria instiga.
Agita i nervi e Possa
35di Febo il raggio, e chiama
sin dalla tarda fossa
11defunto a gioir della sua fama.
Te la mia lancia o il canto
di Chio petrosa rifará gentile:
40chi muor nell’ozio è vile,
e non ode sull’urna inno né pianto.

iside


O del saturnio seme,
tu giaci; e indarno io grido
fuor dalla notte che di sé m’ingombra.
45Chi solitario geme,
casa mutando o lido,
e me spregia od oblia, passa nell’ombra.
Deh! torna ai sassi e all’onde,
deh! torna a interrogarmi;
50e me, se vali, non avrai noverca.