Pagina:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. II, 1916 – BEIC 1901920.djvu/252

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van per la terra, aitar di maraviglie
50e di ruine.
Ma perpetuo il falco
garrisce al monte, ma s’abbraccia il sole
col perpetuo nettuno e col deserto,
mentre l’ora del Tuoni va piú veloce
che non la rota della sua fortuna
55senza ritorni.
Viriate, il prode
fulininator dai cantabri dirupi,
come passò? dov’è l’asta di Brenno?
dove il biondo chcrusco e l’implacato
cartaginese?
Io per le ripe indarno
60cerco Cesare nostro e le vestali
e i pontefici sacri. Odo il galoppo
del cavai d’Alarico, e penso e piango,
pellegrini del mondo insiem con voi!
Figlio d’Italia, in vetta alle nevose
65mie tirolesi balze ebbi la cuna
come il camoscio, e le varcai, cantando
fra’ miei vecchi pastori.
E ancor la squilla
delle mandre disperse alla boscaglia
nel cor mi suona, e dalle chiese alpestri
70gemere ascolto il passero solingo,
e rivedo le vie che i battaglioni
vider di Francia ed or sotto l’accesa
ferza canicular son traversate
dal fulmineo ramarro.
Agile e fresca
75allor ne’ polsi mi correa la vita
e nello spirto: allor caro soltanto
m’era il mio borgo, e mi parea piú noto