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Pagina:Prato - Il protezionismo operaio - 1910.pdf/200

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concorrenza livellatrice; ed a questo suo carattere è inseparabilmente connesso il beneficio ch’essa procura al progresso economico mondiale. Tutto ciò che tende ad alterare la spontaneità di questa sua azione non può che risolversi, in ultima analisi, in un danno; molto più quando, colle artificiali deviazioni del suo indirizzo, si riesca ad aumentare le forze che contrastano alla sua libera esplicazione.

« La funzione dell’emigrazione — lo dirò più perspicuamente colle parole d’un autore non sospetto di preconcetti anti-unionisti — é, intanto, essenzialmente krumira: non si emigra se non esiste un dislivello fra i salari reali comparati. Una volta avvenuta l'emigrazione, i Salari di un paese si sono innalzati, quelli del paese di immigrazione si sono abbassati. Da ciò l'avversione delle organizzazioni locali contro gli operai che vengono dall’estero. Contro costoro esse hanno presa una politica completamente sbagliata, cioè una politica protezionista. Il favorire l'iscrizione degli operai emigranti in quelle organizzazioni é un errore, perché non toglie al fatto dell’emigrazione il suo carattere economico, quello di livellare i Salari, e, per contrario, da nuove forze a quella politica protezionista i cui danni non sono minori di quelli che essa produce nel campo della difesa doganale capitalista. Se, in un certo paese e in un dato tempo, tutti gli operai che in esso immigrano si iscrivessero nelle organizzazioni locali, con ciò stesso paralizzerebbero quegli effetti economici che l’organizzazione effettivamente é in grado di proporsi » (1).

Agli inconvenienti dunque che un’emigrazione disordinata e procedente a casaccio può innegabilmente produrre non si rimedia coll’affidare la direzione e l’utilizzazione di questi concorrenti estranei ai loro rivali indigeni, che, per fatalità di cose, li farebbero manovrare secondo lo stile insegnato dal Malatesta nel suo famigerato comando delle milizie fiorentine contro l’oste imperiale.

Un simile metodo non sarebbe sostanzialmente diverso da quello di un esportatore che affidasse ai suoi concorrenti all’estero la vendita della merce che egli si propone collocare sul mercato straniero.

Soltanto un’organizzazione affatto autonoma ed indipendente, appoggiata ai sindacati dei rispettivi paesi d’origine ed attuante il collocamento senza preoccupazione alcuna degli interessi dei naturali concorrenti, potrà, diminuendo da un lato i danni di un’offerta disorganica e mal distribuita, realizzare dall’altro quelle condizioni della concorrenza che han per risultato un massimo assoluto di utilità.



  1. (1) Cfr. CABIATI, Il problema dell’emigrazione protetta in Italia , in Riforma Sociale, 1904, 15 agosto.