Vai al contenuto

Pagina:Prato - Il protezionismo operaio - 1910.pdf/224

Da Wikisource.

- 224 -


il dogma della provvidenziale missione dell’unionismo c’è da buscarsi la taccia di conservatorismo non illuminato, di quello cioè che annovera tra i canoni della sua superstiziosa fede il rispetto della libertà perfino negli altri! — ci limiteremo ad osservare che la pregiudiziale della cosa giudicata non può invocarsi a difesa del travestimento nuovo, in virtù del quale il vecchio principio della limitazione del lavoro ci ritorna innanzi, esteso e peggiorato, colla maschera del protezionismo contro la mano d’opera estera; fenomeno, in complesso, recentissimo e di cui nelle classiche polemiche non troviamo cenno.

Giustamente - denunciarono spesso da partiti democratici le sopraffazioni compiute da gruppi di interessi capitalistici coalizzati per assicurarsi, colle tariffe doganali o coi premi, extra-profitti iniqui a danno della totalità dei consumatori. Questa volta pero le parti ci sembrano nettamente invertite ; ciò che appare tanto più pericoloso in quanto la tendenza esclusivista del ceto operaio, per la complicità necessaria che la lega al protezionismo industriale e commerciale, viene ad offrirgli il sostegno non sperato di quelle stesse formidabili forze che avrebbero il più grande tornaconto a rovesciarlo e distruggerlo.

Ci lusinghiamo di aver punto per punto dimostrata la contraddizione radicale di simile atteggiamento coi postulati fondamentali su cui poggia la teorica dell’utilità sociale dell’ organizzazione operaia; basterebbe pero a metterne in luce sinteticamente l'organica incoerenza il ricordare che, mentre la propaganda socialista non si stanca di additar nel lavoro la sorgente esclusiva d’ogni ricchezza, gli stessi rivendicatori dei diritti operai non temono di proclamar funesta al benessere collettivo l’aggiunta di una certa quantità di lavoro, persino in una società che manifestamente ne difetta.

Analizzando le imputazioni fin dai suoi tempi scagliate contro gli eccessi dell’azione unionistica, il Cairnes commentava: « Non c’è nessuna classe che, quando se ne presenti l’occasione, non siasi mostrata capace di sacrificare i più importanti interessi della società

all’ingrandimento, reale o immaginario, dei suoi membri particolari; e, sotto questo rispetto, le classi operaie non sono né migliori né peggiori delle altre. Ma se, per ciò solo che un provvedimento anti-sociale fu sancito ed attuato presso le classi superiori, dovesse approvarsi fra gli operai, la prospettiva del progresso sociale sarebbe ben piccola » (1).



  1. (1) Cfr. Alcuni principii fondamentali di economia politica (trad. it.) in " Biblioteca dell’Economista" , serie III, vol. 8°, pag. 162 e segg.