Pagina:Primi poemetti.djvu/212

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
192 le armi
vi


E poi fece il pennato, arma ch’ha il becco
aguzzo e curvo il petto e il taglio fino
186e grave il colpo, per il verde e il secco.

Fuor che di festa, portalo all’uncino
sempre, quando esci; ch’egli t’asseconda
189in ogni tua faccenda, o contadino.

Egli pota, egli innesta, egli rimonda;
per le tue viti taglia i torchi al salcio,
192per i tuoi bachi al gelso fa la fronda.

Fa sui castagni i bei rami di calcio
pel verno. Nell’asprure dell’estate,
195la falce sciopra, ed esso dice: Io falcio.

E falcia pioppi, gelsi, olmi. Mangiate,
o vaccherelle! E quando invìa la pioggia,
198appezza legna per le tue fiammate.

E fa con te valletti e ceste, o foggia
un giogo, o squadra un erpice d’avorno,
201od una scala, sotto la tua loggia.

O crea da un olmo che vedesti un giorno
aver nel tronco una sua gran virtù,
204l’aratro, che, quando lavora, ha intorno,

piccoli e grandi, tutta la tribù.