Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/211

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traevasi in altri lavori a cui veniva invitato, l’Elogio di Andrea Schiavone, a cagion d’esempio, e un’innumerabilità di poesie, sopra soggetti tuttaffatto municipali. Noterò nell’Elogio dello Schiavone una viva dipintura che ebbe campo a far di sè stesso il Pezzoli, anch’egli, nè più nè meno dello Schiavone, incalzato sempre da fiere necessità sopra un duro cammino, e condannato, se non a dipingere coperchi e parapetti di cofani nuziali, a condurre la penna su registri e protocolli, quando aveva stanca la voce dal chiacchierar di grammatica, e gli occhi dal rivedere sgorbii di putti e di ragazzette. In questa condizione d’animo e di studii si rivolse a tentare la traduzione del Salterio, nè impresa v’avea certo più consona all’indole del Pezzoli, se tentata ad altra stagione, e considerata sotto altro aspetto da quello gli venne rappresentata alla mente, in molta parte privata del suo primitivo vigore.

Di ciò, oltre quanto può aver compreso il lettore dalle cose antecedentemente narrate, danno indizio non dubbio alcune morali canzoni, ultime fra le cose originali da lui composte, e che solo sette rimasero, di oltre a trenta ch’esser dovevano, attesa la morte del poeta. In queste canzoni la naturale inclinazione del Pezzoli allo stile immaginoso ed ornato si vede apertissima, sebbene non manchino a quando a quando scoppii di bile, che fanno ritornare alla memoria l’autor dei sermoni. Aspersa di questa bi-