Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/246

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di comune con quel popolo a cui questi salmi si riferiscono? Qual significato possono avere per noi quelle frasi di schiavitù babilonese, di promesso riscatto? E che sono eglino per noi quest’arca, questo levita, questo sacrifizio, in cui c’incontriamo pressoché ad ogni passo? Che timore e’ incutono questi Assirii, questi Caldei, questi popoli che minacciano di soggiogarne? E questa Sionne, che non v’ha quasi pagina ove non sia nominata; e questo Libano e questo Giordano son altro che sterili rimembranze? Oh sì che i figliuoli di Edom ci hanno fatto il gran male, e portiamo grand’odio alla discendenza d’Ismaele! È una gran cosa per noi quello spirito di Belial! E quando ci hai nominate le altezze di Faran e le maraviglie del Sina ci hai messo nella fantasia un grande spavento! — Tirate innanzi con simili ragionamenti per quel più di tempo vi piace. E che? V’è poi tanta difficoltà, miei lettori, a pigliare quei nomi nel significato che meglio s’avviene a’ vostri bisogni particolari? Vi saranno essi questi oggetti tanto stranieri, che vi siano più noti i fonti d’Argo, le foreste della Tessaglia, o l’antro della Sibilla? Ma diasi ciò ancora per conceduto: raccogliete i vostri pensieri, e vedrete che anche per questo verso nessun’altra poesia può tornarvi più utile, e per certi rispetti più dilettosa. E ciò appunto perchè quelle storie cui si riferisce sono sì lontane, quelle allusioni sì vaghe, e que’ nomi spesse volte sì arcani, e dalla nostra cognizione remoti.