Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/259

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duta piangere; all’incontro talvolta sorrideva, e la mestizia di quel suo sorridere era inesprimibile. Era un intenso dolore a cui le lagrime non bastavano. Povera Felicita! Di già non mancavano che pochi giorni alla festa del suo vestimento, e le toccava vedere le sue sorelle che affaccendate correvano su e giù pel convento ad allestire ogni cosa per quelle che chiamavano le sue nozze, e passando le sorridevano, o venivano a visitarla nella sua cella, e ad offrirle alcuno di que’ doni che s’usano fra genti claustrali. Ed ella abbassare la testa, e stringere a tutte la mano senza che alcuna sapesse accorgersi del calore febbrile che facevale battere i polsi assai inegualmente.

Vi darebbe l’animo di accompagnare l’infelice per tutti i passi del suo dolore? La vorreste vedere immobile riguardando la terra quasi desiderasse rimanerne ingoiata, o il cielo a ricercarvi quella consolazione che le veniva negata dagli uomini? Fermavasi attonita a contemplare anche l’acque; perchè dovete sapere che quel monastero era situato appunto da presso il mare. E un orto bellissimo distendevasi declinando insensibilmente fino a far sponda con alte siepaie ai marosi, che trascorrendo venivano alcuna volta a sturbare l’opera del giardiniere. Oh i tetri pensieri che le furono suggeriti dall’ardente fantasia di diecinove anni contemplando quell’acque! V’ebbe fin anco chi disse averla veduta sull’ultima riva a braccia alte e allunga-