Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/262

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deva) un tocco lievissimo fu bastante a risuscitare le morte speranze. Allora la lotta diveniva più grave che per lo innanzi non aveva a combattere più il solo amore, ma la speranza, nemico tanto più terribile quanto arriva più tardi e ci trova spossati dalla lunga difesa. Voglio anche che sappiate di qual tempera si fosse l’amore di Felicita. Ella aveva uno di quei cuori nei quali la gioia non può essere che riverberata; la infondono senza accorgersi in chi li circonda, e devono aspettare che altri ne sia compreso, per gustarne essi pure la dolcezza. Il pensiero di contribuire a far contenta la vita dell’uomo che le era sembrato più degno di condurre una vita contenta; dirò meglio, il pensiero di non poter altri far ciò se non ella sola, era stato questo il germe della passione, che, alimentata da mille fuggevoli dimostrazioni, da mille inavvertite diligenze (fuggevoli e inavvertite per chi non sia innamorato) le si era dilatata nell’anima tanto da tutta comprenderla, tutta colorirla, tutta infiammarla. Pensiero superbo, dirà qualcheduno, legarsi ad un uomo una giovinetta nella presunzione di averne a formare la felicità. Sì, pensiero superbo, quando non abbia preso che sola la testa, ma quando sia un sentimento, quando sia identificato coll’amore, è la sola condizione possibile a prosperare il vincolo coniugale. V’è in esso la più esatta osservanza della naturale destinazione della molle e delicata persona creata ad addolcire l’esilio, e