Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/265

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to ricomparire nelle stanze dell’abadessa. In quelle stanze l’ingenua Felicita aperse tutto il suo cuore a Policarpo; glielo aperse tutto, e posso dire gliel fece toccare con mano, così buono, così paziente, così amoroso ch’egli era di sua natura, così duramente provato da una lunga e ostinata battaglia di tanti mesi, cuor lacero, trafitto, sanguinoso, veramente da far compassione. E in mezzo a tanta avversità, a tanto contrasto, una fede viva, una rassegnazione non ancora domata, una speranza ineffabile che rimarginava, possiam dire, le ferite appena appena erano aperte.

E queste dichiarazioni non le avete voi fatte al padre vostro? domandava Policarpo a Felicita. E la risposta di Felicita era il singhiozzare angosciato di chi non voleva render odioso suo padre, e non aveva altra guisa a scolparsi dalla taccia apparente di sconsideratezza. Poi, dalle particolarità passando ai generali, era molto commovente, e, per chi avesse potuto udirlo, molto istruttivo, l’affrontarsi delle semplici ed ovvie ragioni di Felicita cogli argomenti severi ed elevati di Policarpo; e vedere come a poco a poco si andavano le une agli altri avvicinando, e come fra loro si confondevano e compenetravano, concorrendo in un consentimento scambievole, cui più non mancava che la uniformità delle parole. Oh ch’egli è certo! la vera semplicità e la sublimità vera, i sentimenti e le ragioni di un cuore retto e sincero, e i consigli e i