Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/79

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Sia pur bello e lodato il lavoro delle tue mani; alcun che di più bello ti splende nell’intelletto, e ti libera dalla stanchezza e dal tedio che accompagnano la perennità a cui sono condannate le rappresentazioni sensibili. Forse Pigmalione, spaventato da questo pensiero, implorò che alla inerte sua pietra fosse data la vita, e l’ottenne. Gli artisti che portano in sè un ideale superiore a tutti i possibili ardimenti dell’arte, non chieggano di vederlo esattamente ricopiato. Sarebbe folle domanda, e spererebbero indarno di vederla esaudita. Dio solo poteva contemplare l’opera delle sue mani e soggiugnere che il fatto era buono. Ma in Dio volontà ed atto sono una cosa. L’uomo, quanto più nacque privilegiato di alto ingegno e di cuore impressionabile, spera e geme; ha sempre davanti quell’aureo fantasma che lo incatena, lo interroga a tutte l’ore nel secreto della sua anima, ne vagheggia visibilmente le sembianze, ne ode apertissime le risposte. Tutto è armonia ne’ suoi pensieri; e un tremito ineffabile lo rende avvertito che l’umana felicità non può essere cercata più oltre. Vuole far parte agli altri di queste sue intime gioie? Il caro sogno gli fugge; le parole, i colori, le musiche sono ineguali al bisogno della sua anima. Oh non invidii a Pigmalione l’adempimento della preghiera! Era giusto il desiderare la parte più nobile in chi aveva prodotto la meno eletta. Chi è atto a vagheggiare nel proprio interno la perfezione, si assoggetti tranquillamente al destino comune