Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/89

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quanto a dire non adoperiamo fuor di natura, ma la natura nostra indirizziamo a quel modo che può sembrarci il migliore, verso quel fine dal quale non ci è possibile divertire. Ci conviene considerare quasi parti di un solo tutto quelle appunto che ci sembrano meno simili a noi; e sapere che n’è conceduto vegliare in quanto altri dorme, restarsene adagiato in quanto altri cammina, parlare in quanto altri tace; e se tutti operassimo a un modo, uno fosse il sentire di tutti, in luogo di esser tutti tutto, come forse presume la nostra bramosa alterigia, non v’avrebbe alcuno che non fosse nulla; e tutto il sistema mondiale potrebbe rappresentarsi da una bilancia traboccante da un lato nel più cupo abisso, e sagliente dall’altro al più alto de’ cieli; laddove la proporzione dei pesi messi sull’uno e sull’altro piatto la fa stare in bilico, e quel poco di vacillamento, onde accenna abbassarsi quando a dritta quando a sinistra, rimanendo pur sempre in misura, irrita e alimenta la nostra curiosità, e tiene deste ed esercitate tutte le potenze della nostr’anima.

Mi piace ancora notare essere necessaria la scelta del tempo, perchè molti non hanno che destinazioni transitorie, e dopo aver oggi battuto essendo martelli, tocca loro domani sentirsi battere essendochè diventarono incudini. Ma quando rimangono dal battere fin tanto che l’incudine sta ancora lor sotto, non troveranno martello che gli batta, e così del contrario. Sicchè