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Pagina:Prose e poesie (Carrer) III.djvu/190

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ch’è frutto di molto pensiero. Per simil guisa l’esperto suonatore, esercitato a scorrere coll’arco o colle dita sopra lo strumento, anche quando ciò faccia sbadatamente e senza proposito, non altro può trarne salvo consonanze ed accordi. Ciò posto, non può averci coraggio che nelle azioni virtuose, e di altri mezzi non può far uso il coraggio che degli onesti. È la virtù che imprime nella coscienza dell’uomo quel sigillo di forza, dalla quale soltanto può derivare il coraggio; è nell’accordo dei mezzi col fine, il quale essendo onesto, onesti essi pure esser devono, che il corag gio ritrova quell’armi che sente essergli convenienti. Quello che sembra coraggio e mira ad un fine non retto, è temerità senza fallo; diciamo lo stesso dei mezzi. Quante volte tra il giudice iniquo e l’innocente accusato non si scambiarono le parti! E dove a quello avrebbe toccato tremarc, o rimanersi per lo meno ammirato e confuso d’innanzi all’inquisito, fece inganno alla propria coscienza, armandosi di un’aspra severità e di un torbido zelo che sembrava il coraggio della giustizia, ed era la temerità del sopruso; laddove il preteso colpevole manifestava nella pretesa temerità delle sue risposte tutto il sereno coraggio dell’innocenza e della virtù.

Compagna al coraggio in qualunque prova è la costanza. Mirando sempre ad un fine, e non mai da quello stogliendosi co’ proprii pensieri e co’ proprii voti, e adoprando mezzi intimamente