Pagina:Prose e poesie (Carrer) III.djvu/278

Da Wikisource.
266

no si attenterebbe dir nulla in vostro svantaggio, egli presente; mi ricordo che all’udire essersi appreso il fuoco in un canto della città, domandò subito della contrada, ed udito che non era la vostra. fece il sembiante di chi uscisse allora da un imminente pericolo.... Voleva continuare, ma interruppemi Sebastiano. rispondendo: sì, sì, tutto questo è pur vero; ma che fede volete ch’io mi abbia nell’amicizia di un uomo che si lascia vedere da me non più che una o due volte il mese? Che quando io, o altri di mia casa siamo a letto (tolto che la malattia fosse grave, o se gli desse una qualche incombenza, nei quali casi Domizio per verità è tutto mani e tutto cuore per noi) non si prende alcuna cura di venirci a trovare? Saverio, vedete, oh! Saverio si, che si può dire mio amico. Egli non fugge giorno che non venga a farmi visita; fosse anche con pericolo di seccarmi, non passa mai da lato alla mia casa senza che le mani gli corrano, quasi per istinto, alla fune del campanello. Non c’è novella del paese che egli non mi racconti: appena l’ha insaccata viene subito a farmene parte, seuza dar spazio nemmeno alla critica di esaminare se quella novella sia da riporre fra le ciance, o abbia buon fondamento di probabilità. Passeggia ogni dopo pranzo in mia compagnia, e se qualche giorno il sonno fosse per occuparmi più del dovere, la voce di Saverio si fa udire instancabile all’ora