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Pagina:Prose e poesie (Carrer) III.djvu/335

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siero, e le molte volte sprovveduto affatto di quel tanto che occorre all’intelligenza? A giudicare, dice una moderna commedia, egli si conviene almeno sapere di che si tratta. Ma davvero che minor rettitudine di giudizio ci ha spesse volte in certi sentenziatori di libri, di quello si trovi nel giudice parodiato nella commedia. Quando scrivete, dice taluno, dovete farvi intendere. — Verissimo, ma da chi può intendere. Se avete gli organi visivi malignamente infusi dal giallo dell’itterizia, sarà colpa del pittore che non veggiate il roseo ch’egli seppe distendere sopra quelle che volle sembrassero carni? Un’altra graziosa scappatoia de’ nostri sentenziatori la è questa: oh gli scrittori classici non duro fatica ad intenderli ! - Davvero? E sia; ma contate per nulla lo studio che per tanti anni da voi e da altri s’è fatto sopra que’ classici che a voi sembrano tanto piani? E non credete che facciano punto contro la vostra proposizione que’ comenti farraginosi, che vanno in coda di ciascheduno? Ne certamente può dirsi che tutti e sempre i comenti sieno grama fatica d’ingegni puerili. Badate ancora al bivio crudele in cui trovasi lo scrittore, o di darmi motivo a chiamarlo oscuro, o di provocare lo sbadiglio, e guadagnarsi la taccia di soverchiamente prolisso. L’ommissione di un’idea intermedia dà al discorso quella forza che vi soggioga, quella vivacità che incatena la vostra attenzione. Dite il medesimo dello stile: