Pagina:Prose e poesie (Carrer) III.djvu/42

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M’accorgo per altro che questo discorso va a dare nel secco e nell’astruso, qualità detestabili, singolarmente in un discorsetto alla mano, e quindi mi ridurrò senza più ad un’applicazione assai piana, e dimostrata vera dal continuo incorrere che fanno le menti in questo vizio degli anticipati giudizii. Ci vien detto d’un tale ch’egli sia avaro; le nostre osservazioni non mirano mica a cercare se questo sia o non sia, bensì a torcere ogni azione di quel tale a significazione d’avarizia. Io non dico che questo venga fatto da tutti, e in ogni caso; ma quando ne piaccia fermarci colla mente alla più parte de’ nostri ragionamenti, vedremo che pressoché tutti sono, se non adatto intrisi, almeno spruzzati di questa mala abitudine. Licinio, ripeto, ne si dice è un avaro: ora, che che si faccia quel pover uomo egli è indizio d’avarizia. Va misurato nello spendere? Egli vorrebbe trinciare in due il quattrino. Fa qualche spesa fuori dell’ordinario? Sta a vedere che speranza di guadagno ci cova sotto! Dicasi lo stesso anche di ogni altro vizio che non sia l’avarizia.

Ma questa sciagurata alacrità del nostro ingegno non potremmo torcerla in buona parte? Non c’è azione umana la quale non sia suscettiva di sinistro comento, chi voglia farglielo: come, per l’opposto, assai rari sono i casi nei quali ciò che ad altri sembra atto riprovevole, non possa essere da altri, se non del tutto giustificato, alme-