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Pagina:Prose e poesie (Carrer) III.djvu/87

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sigliere filosofo, e gli disse a che pensasse. A cui il re di assoggettare non so che provincia. E il filosofo e vinta questa? - Per la strada che mi sarei aperta con quel primo fatto passar oltre a domare tal popolo. E quindi? - Tal altro. — E dipoi? - Oltre ancora, portando il terrore delle mie armi al di là di quel confine. E procedendo più sempre il filosofo colle interrogazioni, l’altro colle risposte si trovò in breve aver fatto il giro di tutto quanto era il mondo che a quei di conoscevasi, e di tutto già tenersene a signore. E qui essendo giunto il filosofo a quel passo che gli stava a cuore; e allora, proruppe, che farete? Mi darò, rispose il monarca, a godermi riposatamente la vita. Alle quali parole Cinea: e chi vi toglie che godiate oggi stesso di questo bene senza indugio e fatica? Il re non potè a meno di sentire la verità del detto del filosofo, ma si lasciò portar via dall’ambizione, e non conobbe riposo finchè non fu morto.

Ora questo discorso fatto da Cinea al re Pirro potrebbe con eguale verità essere ripetuto a quei molti fra gli uomini, i quali impiegano un grandissimo tempo e un lavoro grandissimo a conseguire ciò che avevano come alla mano. Probabilmente essi continuerebbero a battere la loro strada, nè più nè meno di quello che fece l’Epirota, finchè la morte, non so ben dire se colla caduta della tegola o con altro mezzo, tagliasse loro in sul meglio i disegni. Ecco, a parer mio,