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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/32

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le o tal altra condizione di gente, allora voi siete in maschera propriamente, ossia secondo furono a principio trovate le maschere, e potete dire di far parte del carnovale. Io non prendo argomento a giudicare se sia questa o quella la guisa onde Tizio e Caio sono mascherati, se non dalla maggiore o minore allegrezza che ne traggo io medesimo dal guardarli e dall’udirli. Ecco Sempronia: cammina incordata e sospettosa; non ride, non ghigna; susurra all’orecchio di questo o di quello, ciò ch’ella crede un bel moto; si tormenta se da lato a Pomponio è Servilia, se Learco si fa troppo a lungo aspettare. E quella è maschera? E quello si chiama divertirsi? Essa è quella stessa Sempronia, dispettosa, superba, invida, maligna, di tutto l’anno; e alle noie, ond’è tutto l’anno assiepata, si aggiunse nei giorni del carnovale il soprappiù dell’arredo, del compagno, e di ogni altra cosa che le abbisognò, per porsi in maschera, tormentare sè stessa, e dar poco spasso al suo prossimo, se non fosse del ridere che si è fatto alle sue spalle.

Ma quei perpetui irrisori della signorile magnificenza, que’ pagliacci, quelle compagnie di genti chiozzotte, napolitane, turche, spagnuole, che vanno attorno spensieratamente cantando, suonando, o semplicemente parlando nella loro foggia particolare, e a cui, come passano, il popolaccio curioso, che pur sa che sono quelli