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Pagina:Prose e poesie (Carrer) IV.djvu/62

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fatti narrati, possono a meno di riferirsi alle fonti onde si è derivato ciò che forma soggetto alla narrazione? Nelle opere all’incontro di semplice fantasia, o di semplice ragionamento, questa necessità non ha luogo.

Può dirsi in genere delle citazioni, che se mostrano da un lato il desiderio di comparire erudito, mostrano dall’altro certa non so quale modesta diffidenza della propria autorità, che non dovrebbe sconcettare l’autore di un libro nell’opinione dei lettori. Già s’intende che anche qui il troppo è troppo. La modestia di chi dicesse: l’ira è molesta, come Seneca scrisse; o: l’Ariosto, è un grande poeta, come notò il Tiraboschi; è molto simile alla compitezza di chi ne fa indugiare mezz’ora alla porta per non voler uscire prima di noi.

Oltre il tormento che danno ai lettori le troppo frequenti citazioni, li pongono ancora in una certa specie di diffidenza dello scrittore. Non è bello che l’autore d’un libro ne venga alla trattazione del suo soggetto con soverchia baldanza e sicurezza del fatto proprio; ma non è bello det pari che vi s’incammini con eccedente timidità. La perplessità ond’è ammalato l’animo delI autore si trasfonde assai facilmente nell’animo altrui, e in quel caso non ci sono citazioni che bastino; e quelle stesse che pur s’adoprano, servono meglio ad insospettire che a rassicurare i leggenti. Vi sarà senza dubbio accaduto di tro-