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canto decimoquarto. 291

48 Ed avea tolto incenso e mirra prima,
     E cassia e nardo, e balsamo, ed amomo,
     Ed arsa, e poi rinata in sulla cima.
     Quivi è il falcon salvatico, e quel domo,
     E l’un par che colombi molto opprima,
     E l’altro fa con l’aghiron giù il tomo.
     Quivi è l’astor, col fagiano, e ’l terzuolo,
     Che drieto alla pernice studia il volo.

49 Quivi era lo sparvier, quivi la gazza,
     Che par che si volessi inalberare,
     E mentre che fuggia, forte schiamazza;
     Quivi è la lodoletta a volteggiare,
     E drieto il suo nimico che l’ammazza;
     E lo smeriglio si vede squillare
     Di cielo in terra, e la rondine ha innanzi,
     E par che l’uno all’altro poco avanzi.

50 Quivi si vede i grù volare a schiera,
     E quel che va dinanzi par che gridi;
     E l’oche han fatto alla fila bandiera,
     E come questi par che l’una guidi:
     Quivi è la tortoletta a primavera,
     E par che in verdi rami non s’annidi,
     Più non s’allegri, e più non s’accompagni,
     E sol nell’acqua torbida si bagni.

51 Quivi si cava il pellican del petto
     Il sangue, e rende la vita a’ suoi figli:
     Evvi lo stando e la starna in sospetto,
     Ch’ogni uccel che la vede non la pigli;
     E ’l nibbio si vagheggia a suo diletto,
     A ogni mosca chiudendo gli artigli;
     E gira l’avoltoio, e l’abuzzago;
     E ’l gheppio molto del vento par vago.

52 Ed anco il milion si va aggirando,
     E la ghiandaia va faccendo festa,
     E la gazza marina vien gridando,
     E scende in basso con molta tempesta;
     E la cutretta la coda menando
     Si vede, e rizza l’upupa la cresta;
     Quivi si pasce di sogni il moscardo,
     Perch’e’ non è come il fratel gagliardo.