112 E così lamentando, capitoe
A Babillona per molte contrade;
Essendo presso, un Pagan riscontroe,
E domandollo di quella cittade;
Onde il Pagan ridendo lo beffoe,
Quando lo vide così in povertade:
Tu hai gli spron, dicea, dove è il ronzino?
Tu ’l debbi aver giucato pel cammino.
113 Donde Rinaldo s’adirò con quello,
Disse: Per Dio, tu pagherai lo scotto;
Prese la briglia, e colui pel mantello,
E disse: Io vo’ l’alfana che tu hai sotto,
E serba tu gli spron, ribaldo e fello:
Poi trasse fuor Frusberta, e non fe motto,
E dèttegli un rovescio alla francesca,
Che lo tagliò pel mezzo alla turchesca.
114 Morto costui, innanzi gli venia
Un altro che parea buona persona;
Disse Rinaldo: Dimmi, in cortesia,
Questa città com’ella si ragiona?20
Colui rispose sanza villania:
Sappi che questa è la gran Babillona,
E Babillona si chiama maggiore,
E ’l Soldan dell’Amecche21 n’è signore.
115 Ed ecci una figliuola del Soldano
Che molto afflitta mena la sua vita,
Ed èssi innamorata d’un Cristiano,
E duolsi che nol vide alla partita:
Sento ch’egli è non so che Montalbano;
Tant’è che, per lui par tutta smarrita,
E tutta solitaria è fatta questa,
Che solea la città tener già in festa.
116 Ora io t’ho detto più che non domandi:
S’altro tu vuoi da me, chiedi tu stesso,
Ch’io il farò volentier pur che comandi,
Chè certo un uom gentil mi par da presso.
Disse Rinaldo: Troppo me ne mandi
Contento, se ’l tuo nome mi di’ adesso.
Dicea il Pagan: Sia fatto e volentieri
Ciò che tu vuoi; chiamato son Gualtieri.