Pagina:Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu/120

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eugenio anieghin 79

Fa buio. Egli si accomoda in una slitta. “Ehi davanti! Ehi davanti!” gridano da ogni parte i cocchieri. Una polvere bianca inargenta il bavero del suo ì soprabito. Si ferma da Talon, credendo che ivi già lo aspetti N. N. Entra, e i tappi balzano al soffitto e il vino della cometa1 si mesce a torrenti. I servi gli imbandiscono un roast-beef sanguinolento, un piatto di tartufi, delizie della gioventù e onore della cucina francese; e l’incorruttibile pasticcio di Strasburgo2 torreggia davanti a lui fra un formaggio vivente di Limburgo e una piramide d’aurei ananassi.

La sete eccitata dalle bollenti costolette richiede per estinguersi altre libazioni; ma la lancetta dell’orologio già annunzia che è principiata la nuova pantomima. Mordace Aristarco del teatro, incostante adoratore di tutte le attrici, onorato cittadino delle quinte, Anieghin si trasporta al teatro, ove già tutti i dilettanti stanno pronti ad applaudire le capriole delle danzatrici, a fischiar Fedra e Cleopatra, a richiamar Maina3 coll’unico scopo di farsi osservare dalla gente.

Magico recinto nel quale echeggiarono i carmi dell’arguto Von Visin,4 re dell’ironia e amico della libertà! Lì Oseroff5 divise colla giovine Semenova6 l’omaggio del nostro pianto e del nostro fanatismo; lì Catienin7 rivelò al pubblico russo il genio sublime

  1. Vino dell’anno 1811 nel quale comparve la cometa di Giulio Cesare.
  2. Pasticci rinomatissimi fatti di fegato di oche.
  3. Attrice.
  4. Poeta comico.
  5. Poeta tragico.
  6. Attrice.
  7. Traduttore di Cornelio.