Pagina:Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu/194

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eugenio anieghin 153

e muggisca un abisso. “Io perirò,” essa esclama: “ma perire per suo volere mi è dolce. Io non me ne lagno; perchè mi lagnerei? Egli non può farmi felice.”

Cammina, cammina, istoria mia! Un nuovo personaggio entra in scena. A cinque verste1 della villa di Lenschi, chiamata Crasnogora, viveva e vive tuttora un certo Zarieschi, già famoso tribuno delle bettole e capo d’una combriccola di barattieri e di furfanti; ora campagnolo semplice, e buono, ottimo padre (benchè celibe), amico fidato, possidente pacifico e galantuomo — tanto è vero che il secolo megliora! — La voce lusinghiera della fama lodava il suo coraggio tremendo. Colla sua pistola egli toccava un asse alla distanza di cinque sagene.2 Aggiungeremo però, che un giorno in un combattimento, essendo ubriaco come uno svizzero, tombolò da cavallo nella mota, e restò prigioniero dei Francesi; prezioso ostaggio! Emulo d’Attilio Regolo, si sarebbe volentieri rassegnato a una nuova prigionia in Parigi, per poter ancora trangugiare, ogni mattina, da Very,3 tre bottiglie di vino di Borgogna. Altre volte egli sapeva motteggiar con spirito, trappolare i balordi, e sbalordire i furbi, apertamente o sotto mano. Ma le sue burle non restarono sempre impunite, e anch’egli talvolta si lasciò infinocchiare come un babbione. Sapeva discutere con brio, replicare con sagacità o con melensaggine; sapeva tacere a proposito, e ciarlare a proposito; sapeva inimicare due giovani amici, farli sfidare in duello, e poi riconciliarli affin di pranzare in tre, e quindi disonorarli con qualche ghie-

  1. Versta, distanza di cinquecento tese ossia di tremila piedi.
  2. Sagena, tesa (6 piedi).
  3. Celebre trattore del Palais royal.