Vai al contenuto

Pagina:Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu/196

Da Wikisource.

eugenio anieghin 155

in quell’occorrenza mostrarsi non quale servo dei pregiudizi del mondo, non quale spadaccino scervellato, ma qual uomo di senno e d’onore. Dovea palesare i suoi sentimenti, e non incollerirsi come belva; doveva disarmare quella suscettività giovanile. “Ma ora è troppo tardi,” diceva; “il colpo è fatto. Un duellista per mestiere si è ingerito in questa faccenda, è maligno, è imbroglione, gran parlatore. Certo, potrei rispondere ai suoi dileggi col disprezzo; ma il mormorío, il sogghigno degli ignoranti?...” Ecco l’opinione pubblica! Il puntiglio è la molla che ci fa agire, è il pernio sul quale gravita il mondo.

Acceso d’una ira infrenabile, il poeta aspetta in casa la risposta, Il suo eloquente vicinante gliela arreca in trionfo. Che festa per il geloso! Temeva che il suo antagonista non la scappasse con qualche pretesto; non sottraesse, con qualche stratagemma, il suo petto alle palle. Adesso ogni dubbio è tolto. Domani all’alba, essi si incontreranno presso al molino; caricheranno le loro pistole, e spareranno alle gambe o alla testa.

Lenschi, determinato a fuggire Olga ch’egli considerava ormai come una civetta, non voleva vederla prima del combattimento. Guardò all’oriuolo e al sole, gesticolò, declamò, e si recò quindi dalle sue vicine. Credeva di confondere Olga, e di sorprenderla colla sua venuta; ma sbagliava. Olga scese, come prima, dal verone per andargli incontro, leggera, graziosa, allegra come la speranza, e niente mutata da quel ch’era antecedentemente.

“Perchè ve n’andaste tanto presto ieri sera?” chiese Olga.