Pagina:Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu/242

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eugenio anieghin 201

Così dicendo sparve.

Eugenio rimane simile ad un uomo colpito dal fulmine. Gli sembra che ogni suo sentimento roti in preda a un turbine. Ma ode un rumor di sproni..... Arriva il generale... In questo momento tremendo, lettore, ci separiamo dal nostro protagonista per molto tempo, anzi per sempre. Gli abbiam tenuto dietro assai nei suoi errori.. Siamo giunti alla meta. Rallegriamocene, o miei cari! Vi pareva mille anni, non è vero?

Chiunque tu ti sia, lettore, benevolo o malevolo, ti voglio lasciar come si lascia un amico. Addio. Busca in queste strofe disadorne ciò che più ti talenta. Ma qualunque sia l’oggetto che in esse cercherai; o il riflesso delle tue passioni giovenili o il sollievo dei tuoi diligenti studi, o le descrizioni pittoresche, o i concetti arguti, o le sgrammaticature, prego Dio che ti ci faccia trovare una dolce diversione alle tue fatiche, alle tue passioni, alle baruffe sciocche dei giornali. Ora separiamoci. Addio!

Addio, mio bisbetico satellite, mio fedele ideale; addio mio libricciuolo vispo e grave, brioso e serio, sebben sì piccolino. Vostra mercè, io conobbi tutto ciò che ambiscono i poeti: l’oblio della vita e il consorzio pacifico degli amici in mezzo al fracasso del mondo. Son molti anni che la pittrice fantasia mi adombrò nella mente l’imagine di Taziana e di Eugenio; ma in quel disegno appena accennato non appariva ancora molto chiaro lo scioglimento di questo libero dramma.

Tra quelli ai quali io lessi, nei crocchi ch’io frequento, i primi squarci di questo lavoro, «alcuni