Pagina:Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu/256

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pultava. 215

banchetto in cui ti pôrsi colma di vino la tazza d’onore, e la notte in cui ci furasti, rapace avvoltoio, la nostra diletta colomba!”

Sì, fu un tempo in che Cocciu-bei e Mazeppa erano amici, e dividevano i pensieri e i piaceri, come il sale, la panna e il pane. Insieme volavano contro al fuoco nemico sui loro agili destrieri, e non di rado sedevano lungamente insieme a consiglio secreto. L’etmanno dissimulato svelava in parte a Cocciu-bei i profondi ripieghi della sua mente rivoltosa, insaziabile, e gli prediceva in termini coperti e misteriosi imminenti novità, conferenze, sedizioni. In quel tempo Cocciu-bei era ligio e devoto a Mazeppa. Ma adesso, inferocito dalla perdita della figlia, non ha più che una idea, che un oggetto: o morire, o trucidar Mazeppa, e vendicare il disonore di Maria.

Frattanto cela a tutti il suo ardito disegno, finge di non più occuparsi che del suo dolore e della tomba. Non vuole nessun male a Mazeppa; sua figlia è sola colpevole. Ed egli le perdona, purchè dia conto al cielo dell’onta ridondata alla famiglia da quell’infrazione d’ogni legge divina ed umana....

Mentre così parla, Cocciu-bei, con occhi di lince, va cercando nella turba dei familiari e aderenti suoi alcuni compagni impavidi, esperti e fidati. Espone alla consorte il progetto che già da gran tempo gli cova in seno; ed essa, ebra di rabbia feminile, aggiunge esca alla fiamma di che arde il bei. Nella calma notturna, nel talamo tranquillo, essa, simile a un demone crudele, lo stimola alla vendetta, lo rampogna, piange, gli fa coraggio, esige un giuramento solenne, e il principe giura.