Pagina:Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu/259

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218 pultava.

Gli scaltri emissari di Mazeppa van seminando dappertutto la zizania e l’insubordinazione: Bulavin, capo dei Cosacchi del Don, chiama all’armi le sue tribù; le orde nomadi e selvatiche fervono; e persino i coloni che abitano presso alle cataratte del Dniepr insultano l’autorità di Pietro.

Mazeppa volge lo sguardo e la mente in ogni lato; spedisce lettere in ogni paese; a forza di minacce e di lusinghe stacca Bakscisarai dalla sovranità di Mosca. Il re di Polonia accoglie in Varsavia i legati di Mazeppa; il pascià di Crimea in Occiacof, Pietro e Carlo nei loro accampamenti. L’ipocrita etmanno adopra ogni mezzo per procacciarsi il sostegno dei principi; la sua volontà è di ferro; la sua ambizione corre alla meta per mille vie tortuose ma sicure.

Ma come rabbrividisce quando a un tratto il fulmine scoppia sul suo capo! Come trema quando i boiari1 di Mosca suoi amici2 mandano a lui nemico della Russia la denunzia scritta a Pultava, e invece delle meritate rampogne gli prodigano le condoglianze come ad una vittima!

Lo Zar Pietro, avverso alle delazioni, preoccupato delle guerre, non bada alla denunzia; s’affretta di tranquillare quel Giuda e giura di attutar per sempre la calunnia infliggendole un esemplare castigo.

Mazeppa, oppresso da un finto dolore, alza la supplichevole voce al suo sovrano. “Dio sa,” dic’egli,

  1. Boiar significa propriamente guerriero; divenne poi sinonimo di nobile.
  2. Due boiari di Mosca parteggiavano per Mazeppa. Furono orribilmente castigati.