Pagina:Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu/47

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6 il prigioniero del caucaso.

ce, l’intonazione di quella voce che gli dice: "Coraggio!" Già il prigioniero si sente meno sconsolato. Gli si ravvivan le forze; erge il capo languido, e appaga l’ardente sete nella bevanda offertagli. Poi ricompone la testa sopra il sasso; ma non rimuove più la vista dalla gentil donzella, la quale sen sta a lungo seduta accanto a lui per confortarlo; e sebben egli non possa intenderla, pure essa segue a parlargli e parlandogli sospira; e i di lei biondi cigli s’imperlano di lacrime.

Il tempo passa come onda. Il prigioniero incatenato mena i giorni pei monti custodendo la greggia. Il gelido arco d’una grotta lo difende dagli ardori del sole; e quando l’eburnea luna sorge sui colli, la gentil verginella, sboccando da un sentiero coperto e misterioso, gli arreca del kumi, del miele e della candida farina di miglio; divide seco lui quel pasto clandestino, e frattanto contempla assiduamente lo straniero. Finita la cena, gli modula le canzoni della Georgia; gli spiega coi gesti i termini che gli riescono oscuri, e fa di tutto per imprimergli nella mente qualche parola circassa. Essa ama per la prima volta, per la prima volta prova la voluttà; ma il Russo non può corrispondere a quell’affetto ingenuo, leale, sviscerato; forse teme di raccendere una antica fiamma da gran tempo sopita. La gioventù non fugge improvvisamente, la virtù sua non ci abbandona a un tratto, e spesse volte in età matura godiamo un diletto inaspettato: ma non ti ritroviamo mai più, cara illusione del primo amore, delirio celeste della prima passione; no, tu non torni più mai.

Il prigioniero dissimulava il rammarico della sua