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Pagina:Quel che vidi e quel che intesi.djvu/166

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Leighton aveva studio in Via della Purificazione. Quivi trovai abbozzato il suo famoso quadro del «Trionfo della Madonnadi Cimabue» ed i relativi studi di particolari per questo. Lavori nei quali aveva impiegato due anni.

Egli fu meco amabilissimo; mi suonò il pianoforte, cantò e mi parlò in pretto toscano.

Di pittura, già finito, egli aveva presso di sè uno studio dal vero di due figure orientali della grandezza di più che metà del vero, fatte in due sedute con un ardire e una finitezza che mi spaventò.

Questo studio ha il fare di Paolo Veronese. Lo ha ora la signora May Gordon. Ed, avendolo io riveduto dopo trentacinque anni, mi è sembrato miracoloso.

Leighton mi disse che avrebbe colorito il suo gran quadro della Madonna di Cimabue in tre settimane. Così fece. Ed io lo rividi e lo ammirai per la potenza del colorito, unità, finitezza, carattere fiorentino.

Qualche giorno dopo Leighton venne a trovarmi, vide le cose mie di pittura basata sulla ricerca di una tecnica semplice. Non me ne disse nulla. Però io sapeva che egli avea, qualche tempo prima, veduto una mia tempera da me fatta su l’album di Raffaello, tavoleggiante del Caffè Greco, e che gli avea detto a questo di tenerne di conto, perchè un giorno avrebbe avuto gran valore. Questo elogio certo sincero, perchè manifestato ad altri, mi dette coraggio e mi raffermò nell’indirizzo della mia ricerca.


Io non osavo andar spesso dal Leighton. Però molto frequentavo lo studio di Enrico Gamba, il quale avea fatto gli studi artistici col Leighton a Firenze ed a Monaco.

Gamba stava facendo, a quel tempo, un gran quadro con minore vivacità di Leighton, ma non con minore intensità e potenza di concetti. Ne era il soggetto «I funerali di Tiziano nella peste di Venezia». Quadro nel quale eran svolti il fasto e la tristezza, forte di disegno e per cui aveva fatto grandi studi.