Pagina:Quel che vidi e quel che intesi.djvu/170

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Da Martorelli io sono stato a tavola con Cornelius, Overbeck, Piloth, i fratelli Ockemback. Un di questi ultimi mi diceva che bisognava conoscere la chiave del vero; e mi mostrava una sessantina di fogli con i cieli già fatti in Germania: tramonti, sereni, aurore, tempeste, nuvoli, etc.

Una sera era a tavola con noi un certo Stankevich, polacco, il quale quotidianamente si prendeva la sua brava sbornia. Quella sera l’aveva più forte del solito, e sedeva alla gran tavola di contro a me; gli chiesi in quale chiesa fosse stato in quel giorno e dove avesse presa quell’aureola di santità, perchè a giudicare dai raggi che emanava avrei stimato fosse nella chiesa di Genzano.

— Io sono pagano — mi rispose il polacco — ed altro tempio non frequento che quello di Bacco e più non domandarmi. Ma, se vuoi sapere, ti dirò che detesto Venere perchè viene dall’acqua.

E, così dicendo, prende una bottiglia di acqua e me la scaglia. Io, chiusi il pugno, fermai, spezzandola, la bottiglia nella sua traiettoria. Grave scandalo dei grandi pittori presenti che si permisero atti di disgusto.

Io gridai:

— Cameriere, portate a letto quest’uomo che è ubriaco.

Il polacco allora:

— Io andrò a letto, ma non prima di aver data lezione di estetica a questi signori.

E con gran foga proseguì:

— Cosa fa Overbeck con quei suoi angeli in camicia, infreddati.... con quei Cristi stecchiti, con quella Vergine Maria incapace di aver prole? Prenda un bambino così come è nella culla, lo dipinga come è e ci insegnerà qualcosa. E Cornelius prenda Overbeck, lo metta in croce, lo faccia come è e sarà la miglior cosa che egli abbia mai fatta in vita sua...

E così il polacco devoto a Bacco e dispregiatore di Venere continuò per un pezzo; dicendo, senza riguardi nè reticenze,