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niero nel tempo stesso che egli, Mazzini, gli accendeva alle spalle la Repubblica, nè gli taceva, senza infingimenti, che l’incendio non avrebbe risparmiato il suo trono.


La guerra all’Austria era per me, anche, un poco come una rivincita personale. A Vicenza, con la Legione Romana, dieci anni prima, avevo io pure dovuto capitolare. Donde, anche per questo, una gran voglia di ritrovarmi in faccia agli Austriaci con le armi alla mano.

Avrei voluto che la nostra bella ed invitta Legione Romana avesse potuto combattere agli ordini e sotto la bandiera di Vittorio Emanuele. Quanto grande di questo fatto sarebbe stato, di fronte alle potenze di Europa, il significato...

Ma questo era un sogno!... Per seguire l’impulso mio proprio, avrei dovuto arruolarmi con Garibaldi nei Cacciatori delle Alpi. Ma io credetti meglio, e non pochi altri Romani come me lo credettero, di arruolarmi nell’Esercito del Re. Parve a me ed a quanti fecer come me, che ciò fosse in coerenza con quanto avevamo deciso anni prima; e che più significasse e confermasse la volontà dei Romani di diventare, nell’Italia unita, sudditi di Re Vittorio.


Per tutto ciò, tra il febbraio e il marzo del ’59, lasciai l’Ariccia e Roma ed andai ad arruolarmi nell’Esercito Regio.

La via più breve e comoda, per andar da Roma in Piemonte, era allora quella di mare. Questa scelsi ed andai a Civitavecchia ad imbarcarmi per Genova. Questa navigazione dovea avere influenza sulla mia vita e sullo svolgimento dell’arte mia. Perchè mi accadde di passar col piroscafo lungo l’estrema costa toscana, a settentrione, sul far del giorno. Era un’alba limpidissima, il sole già irradiava dietro i monti; ed a me, che ero sul ponte, per la prima volta apparvero in tutta la maestà della tanta lor bellezza di forma e di colore le superbe Apuane.

Queste montagne, più per ogni verso belle di quante mai ne abbia vedute, mi rimasero negli occhi per tutta la durata