Pagina:Quel che vidi e quel che intesi.djvu/47

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tenni, da buon Cristiano, togliendo Cristo dalla Croce, che tenevamo a capo al letto, ed usandone un braccio come rampino. La nostra camerata era al secondo piano; uscito dalla mia camera scesi al primo piano dove, in un corridoio, v’era una finestra senza grata e sotto questa finestra era un lampione a due bracci. Scavalcato il davanzale, per scendere mi giovai dei bracci del lampione e venni pure aiutato dalla sentinella della vicina caserma. Perchè, con dei regali di sigari, m’ero fatti amici molti soldati della caserma stessa.

Messo piede a terra, subito mi diedi a correr come un pazzo. Ponte Sant’Angelo, Borgo, eppoi l’Orso, furono il percorso di quella mia prima libera passeggiata notturna che compii fumando, — io che non fumavo e che mai ho fumato — cantando e studiandomi di fare ogni cosa a me proibita. Bisogna sapere come l’uniforme del collegio fosse la marsina da società con cilindro e cravatta bianca; così quando io mi imbatteva in notturni passanti, mi mettevo a serio ed avevo l’aria di un giovanottino che usciva da qualche ricevimento.

Al ritorno al collegio, essendo spenta la poesia della fuga, volli riaccenderla fermandomi sotto la finestra della signora Apolloni a fischiare e tossire fino a che essa l’aprì ed affacciatasi, ridendo consigliò il ragazzo a tornarsene a letto. E mi domandò:

— Ma come ha fatto, lei, ad uscir fuori?

— Dalla finestra: — risposi.

— Vada, vada, — soggiunse sempre ridendo la formosa donna, — mi divertirò molto a vederla arrampicarsi; ma non si faccia male!...

Mi arrampicai per dove ero sceso ma con maggior facilità, perchè all’insù vedevo la strada che si doveva fare, ma alquanto imbizzito e mortificato per le risate della signora Apolloni.

Per diverse sere il giuoco delle mie scappate notturne andò benone. Ma, in una calda notte di estate, non appena messa una gamba fuor della finestra mi percosse l’orecchio un: