Pagina:Raccolta di rime antiche toscane - Volume primo.djvu/113

Da Wikisource.

113

V.


Già mille volte, quando Amor m’ha stretto,
Io son corso per darmi ultima morte,
Non possendo ristare a l’aspro, e forte
Empio dolor, ch’io sento dentro il petto:
Voi veder lo potete, qual dispetto
Ha lo mio core, e quanto a crudel sorte
Ratto son corso già sino a le porte
De l’aspra morte per cercar diletto:
Ma, quando io son per gire a l’altra vita,
Vostra immensa pietà mi tiene, e dice:
Non affrettar l’immatura partita;
La verde età, tua fedeltà il disdice:
Ed a ristar di quà mi priega, e ’nvita;
Si ch’io spero col tempo esser felice.


VI.


Non con altro dolor l’alma discioglie
Morte dal corpo, non per porla in Cielo,
Nè per levarle sol l’oscuro velo,
Ma per metterla giù ne l’aspre doglie:
Non con altro dolor lasciò la moglie
Quel, che ’nverso di Roma ebbe ’l gran zelo,
Che con ragione ruppe l’aureo telo,
Per empier dei Roman le sante voglie:
Ch’avvegna a me; da poi che dislegarmi
Io sento da costei, poi ch’io son preso;
Perchè ragion combatte per aitarmi.
Amor d’incontra mi fa star sospeso,
Togliendo a lei con sue lusinghe l’armi:
Ond’ io chiamo la morte a minor peso.

P