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..... Allora avvenne una strana cosa. Da quel giorno Predu diventò burbero e selvaggio come zio Nanneddu. Non tornava più a Nuoro, non parlava, non cantava, non rideva più.
E neppure sognava. Nelle notti calde e stellate di giugno, quando per l’aria immobile della pianura vaporeggiava il profumo delle prime stoppie e dei reas rosseggianti nel fieno diseccantesi, — egli non vedeva più Manzèla davanti a sè, e il tintinnio delle greggie pascolanti gli dava solo dei ricordi amari e il rimpianto di sogni smarriti.
Quando la fanciulla veniva all’ovile egli non la guardava neppure. Oh, poteva benissimo sradicare tutta l’ortaglia di zia Ventura: egli non si sarebbe mosso dalla tettoia, o dalla capanna. Certe volte anzi, quando vedeva spuntare il fazzoletto oscuro o il corsetto rosso della ragazza, egli se ne andava lontano, al di là dei nuraghi, e spariva tra le macchie, come un bandito.
Eppure Manzèla ora era piena di gentilezze con lui. Lo chiamava compare Predu, e domandava di lui, ogni giorno, a Bustianeddu. Inoltre moltiplicava le sue visite all’ovile, e si interessava di ogni cosa. Restava entro la capanna allorchè Predu preparava il formaggio, lo aiutava ad infuocare le pietre che servivano a coagulare il latte, e non lasciava scappar nessuna occasione