Pagina:Racconti sardi.djvu/156

Da Wikisource.

— 152 —

del bosco. È signora: vestita di bianco, inginocchiata sui gradini dell’altare, la fronte sulla balaustrata, le mani strette convulsivamente una con l’altra nel fervore della preghiera.

Le pieghe morbide del suo lungo vestito dalle alte maniche alla Margherita di Valois, cadono al suolo con abbandono artistico da statua, e biancheggiano soavi nella penombra rossastra della lampada notturna.

Il volto pallido della fanciulla, i grandi occhi castanei e profondi esprimono una disperazione straziante, cresciuta dalla tetra melanconia del crepuscolo morente. Oh, qual grazia chiedono mai quegli occhi al santo miracoloso nascosto dietro la cortina di damasco come un re orientale? — Ecco, ella s’alza al fine, e uscita sulla spianata si ferma immobile davanti al parapetto che guarda nella valle.

Sul cielo tinto di croco e di smeraldo si elevano i monti neri e la luna spunta fra le loro creste frastagliate. La rena della grande spianata scintilla ai primi raggi della luna, e il villaggio si profila laggiù, fra le agavi grigie e i pioppi argentei della valle, mentre il santuario spicca sul cielo violaceo del nord, coi due grandi finestroni bizantini che paiono due strani occhi di bronzo smaltati al riflesso dell’oriente fatto splendido dall’alba della luna.

Dietro, le terre di mezzanotte, immense campagne opime, valli dirupate in cui rugghia il tor-