Pagina:Racconti sardi.djvu/66

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ebbi il sacrilego pensiero di dare l’olio santo. Ripensai a che poteva servire, e ricordandomi che avevo sentito dire esservi certi signori che non credendo più in Dio e nei santi, per fare uno sfregio alla nostra Santissima Religione, usano battezzare asini, cani e simili animali, parodiando in orribile modo il Battesimo e adoprando il vero olio e acqua santa, mi sentii rizzare i capelli e mi chiesi come mai, per un solo minuto avevo deliberato di dar mano a questa perdizione.

Ma il pensiero del nostro malanno incalzava sempre più tenace e il demonio mi assaliva da ogni parte: oramai l’idea dei cento franchi di Graziarosa — non ricordavo punto la promessa del suo amore... — e delle nostre povere masserizie poste all’asta in pubblica piazza, onta e ludibrio estremo, mi si confondevano così nella mente, che mi posi fervorosamente a pregare per scacciare la tentazione! San Giuliano, San Giuliano mio, ajutatemi voi o sono perduto. Ma invano, invano! Quella notte il mio patrono doveva essere sordo o non udiva le mie preghiere causa il forte soffiare del vento...

Fatto sta che il demonio mi vinceva e nulla valeva a scacciarlo. All’alba ero ancora sveglio, lottando sempre contro quell’orrendo pensiero: alla fine mi rivolsi a Santa Barbara, ch’era la santa della mia povera mamma, e la pregai tanto tanto di salvarmi, se non per i miei meriti per misericordia di quella buona vecchia di mia ma-