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di Billia che, naturalmente, non pensava più di andare lassù, nei piani rocciosi di San Matteo.

Qualche tempo dopo, però, Bellia e Antonio, cambiando le vacche da un pascolo all’altro, passarono per caso lassù. Era un lembo bizzarro di paesaggio: campi deserti e selvaggi di montagna, pieni di roccie e di felci, circoscritti da boschi di elci secolari e chiamati campi di San Matteo da una chiesetta pisana distrutta, là vicina.

I due pastori ricordarono il sogno o i sogni di Billia, e Antonio fu il primo a proporre di guardare se c’era la pietra e l’albero sognato. Costeggiarono la riva del torrente asciutto, e arrivati vicinissimi al bosco, Bellia cambiò in volto di colore. Egli vedeva l’albero, il più grosso che si scorgesse, e vedeva la pietra di granito precisamente eguali come nel suo sogno!

— Perdio! perdio! — disse, bianco in viso e con gli occhi scintillanti. Si slanciò sulla pietra ma da solo non potè smuoverla, Antonio lo aiutò e, dopo molti sforzi, riuscirono a scostarla: sotto Bellia vide l’altra pietra, più piccola fissa al suolo, come la dama bianca del sogno aveva detto!

Allora anche Antonio si turbò, e senza dir nulla, continuò ad aiutare il compagno che, livido, con le labbra frementi, smuoveva la terra con le mani, intorno alla pietra. Riuscirono a trar via anche questa, e si guardarono in viso, muti, stupiti, spaventati: là sotto c’era la croce