Pagina:Racconti sardi.djvu/97

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Bellia provava un vago sentimento di timore, davanti a tutti i solenni preparativi del vecchio pievano, e sussultò quando esso, tutto ad un tratto, gli disse con serietà:

— Questo foglio ti riguarda!

Il pastore cercò una risposta adeguata, ma non trovandola credette bene di star zitto.

— Io ho novant’anni, — proseguì il pievano, che pareva, sì, molto vecchio, ma che non dimostrava quell’età, levandosi gli occhiali e fissando Bellia coi suoi occhi chiari, che sembravano più buoni e lattei, sotto le sopracciglia bianche, io ho novant’anni, figlio mio, e da circa settanta servo il Signore nel nostro villaggio. Non avevo ancora vent’anni quando celebrai la prima messa.

— Iddio lo faccia arrivare a cento! esclamò Bellia.

— ... lo stesso anno morì, vecchio esso pure, l’antico rettore della nostra chiesa, e pochi giorni prima di render l’anima al nostro Santissimo Creatore, mi disse: dopo la mia morte vi faranno senza dubbio pievano, quindi io devo affidarvi una grave missione. Sedete, che prima devo raccontarvi una storia. — Io mi assisi al suo capezzale e, rimasti soli, il mio vecchio e venerato rettore mi narrò questo fatto:

«Trentacinque o trentasei anni fa, cioè verso il 1773 ci era quì, in questo villaggio, un giovinotto della famiglia M. la quale vive