Pagina:Racioppi - L'agiografia di San Laverio del 1162.djvu/27

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Erano tempi ferrei per profondo disordine, per lotte, e guerre, e contese, e turbamenti perenni: le anime desiderose di pace non potevano trovarla altrimenti che in erme solitudini, desiderose di giustizia, non potevano che soffrire e pregare, in aspettando il regno de' cieli. Allo slancio dell’anima verso un ideale di giustizia e di pace, che è tanto più intenso bisogno, quanto è men satisfatto nell’ambiente della vita che si respira, rispondeva, conforme ai tempi di pietà, di misticismo e di ingenuità, il ciclo epico della leggenda religiosa. La quale, incarnando appunto un ideale che rispondeva alle corde segrete dell’anima mal paga alle strette della società contemporanea: instaurando, con la sicurezza della fede ingenua, l’armonia tra l’ordine morale e l’ordine reale; redimendo, mercé il premio immancabile eterno, ogni tribolazione sofferta in questa vita, arrecava alle facoltà poetiche dello spirito un alimento che non gli era dato di assaporare in altro luogo, e al senso morale delle anime una soddisfazione che era allo stesso tempo premio e speranza. Di qua fu (avvisa il Guizot) la popolarità e la fecondità prodigiosa della letteratura leggendaria dal secolo V al X secolo.1

A queste cause supreme e generali aggiunsero efficacia condizioni di fatti speciali.

Non è moderno costume delle popolazioni cristiane quello di eleggere, ogni borgo o città, un < patrono > tra i santi in cielo, al quale si celebrino solenni riti anniversari nella chiesa che gli viene dedicata in terra. Il costume, che è antichissimo, si diffuse per la cristianità mercè del doppio concetto di benefizi che il santo patrono apporterebbe non solamente spirituali in cielo, ma temporali in terra. Il concetto della mente addiventava un atto di fede, tutte volte che le reliquie del santo esistessero di fatto nella chiesa della città che lo invocava a presidio.

Di qua il significato e l’energia di quella febbre che durò parecchi secoli e si elevò fino all’insania; per la quale principi e popoli, vescovi e monaci, baroni o mercatanti, servi e cavalieri, artefici o villani ivano in traccia pel mondo di reliquie di santi; e di furto, o di frode, o di forza, o di danaro, o di baratto, come

  1. GUIZOT, Histoire de la Civilisation en France, 17 leçon. — La sola collezione di Bolladisti, nei 53 antichi volumi che vanno fino al 14 ottobre, comprende, fanno conto, un 25,000 Vite di santi. Il solo mese di aprile ne contiene, giorno por giorno, non meno di 1472.— IBID., idem.