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3° documenti di più antica data, che indicano, allo stesso tempo e nello stesso atto, il titolo di «vescovo della sede grumentina» e quello di «vescovo marsicano,» ovvero di «vescovo della sede grumeutiua dalla (de) città di Morsico» e di «vescovo marsicano.»

A queste tre vuolsi aggiungere:

4° il documento del 1058, onde è nota, la prima volta, la esistenza di un vescovo «nella città di Morsico.»

Eliminando, come poco attendibili, i documenti della seconda categoria, si può spiegare l’esistenza e la successione autentica degli altri documenti con questa congettura che esponiamo al lettore, e che risponderebbe alle inchieste, in complesso, che abbiamo indicato in fronte al capitolo precedente.

Posta la distruzione della città di Grumento nella prima metà del secolo XI (e per questa parte, come già per talune altre, mi è forza di riconoscere un certo valore alle testimonianze del Cronico Cavese) il vescovo ebbe, o, a dir meglio, continuò a prenderò il titolo antico e giuridico «della sede grumentina,» mentre di fatto risiedeva in Marsico; perchè Grumento era desolata o distrutta. Si può ben credere cho la residenza del vescovo in Marsico fosse, in origine, a titolo temporaneo; fino a che l’antica città grumentina non tornasse in piedi, o non tornasse all’antico lare la popolazione dispersa. Ma questa residenza di fatto ebbe non pertanto un certo riconoscimento di diritto fin dal 1058. Con la speranza, come era natural cosa, che la città risorgesse, il vescovo continuò a prendere il titolo giuridico «dalla sede grumentina;» mentre il fatto della residenza a Marsico, prolungata per tempo non breve (e vuol dire per oltre una generazione, relativamente alle carte del 1095), dava vita al titolo dalla città ove egli risiedeva. Così i due titoli, senza contraddiziono o incongruenza, poterono coesistere.1 Ma trascorso un certo periodo di tempo e Giumento non risorgendo, crescendo

  1. Lo stesso accadde, e, su per giù, nello stesso periodo di tempo ai vescovi di Pesto, che, pure distrutta questa città (come dicono) intorno al 915, continuarono a denominarsi non solo Pantani episcopi puro residendo a Capaccio, ma li si trova detti, in altri documenti, solo Caputaquenses. E pure sempre predominando nella serie dei documenti il primo titolo sul secondo, col correr degli anni (come dice l’Antonini) fu lasciato quello di Pesto e preso quello di Capaccio.» — Vedine le testimoniarne (non però compiute, nè del tutto cernite) nell’Antonini stesso, Lu Lucania, parte II, disc III, pag. 253