Pagina:Ragguagli di Parnaso.djvu/50

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26 RAGGUAGLI

na, che non mai hebbe fortuna da saper tra le sue famiglie Nobili introdur la pace, l’unione, e quel vicendevole amore, che eterna rende la libertà delle Republiche, alla fine fu forzata di cadere nell’infermità della servitù, hora à me cosa, che supera tutte le più rare humane meraviglie, par che sia, che un Nobile Venetiano, ancorche gravissimamente offeso nella vita de’ suoi figliuoli, e nella propria sua persona, più violentato dall’ardente carità verso la patria libera, che spaventato dal rigor de’ Magistrati, con animo franchissimo sappia far la dura risolutione di perdonar in quell’hora medesima al suo nemico l’ingiuria, che l’ha ricevuta: risolutione per certo ammiranda, & altrettanto degna di stupor infinito, quanto apertamente si vede, che il Nobile Venetiano di buonissima voglia nelle mani del Senato sa rimetter quella vendetta dell’ingiuria ricevuta, per laquale tanta renitenza sentono gli huomini sensuali nel donarla a quel Dio, dal quale riconosciamo ogni nostro bene.

Così disse il Varchi: quando Lodovico Dolce soggiunse, che se quello era vero, che confessavano tutti, che la più rara, e più pregiata grandezza, che potea considerarsi in un Prencipe, era il disarmar con facilità, e senza pericolo alcuno un suo Capitan Generale, e da lui, anco all’hora, che sapea di esser chiamato dal Prencipe adirato, o grandemente insospettito della sua fede, ricever esatta ubbidienza, che per certo degna di esser anteposta à tutte le altre cose mirabili, da gli altri notate nella Republica Venetiana, li parea che fosse, ch’ella non solo con facilità grande disarmasse i suoi Capitani Generali di Mare, ma che anco all’hora, che i suoi Ministri più principali conoscevano il Senato


sdegna-