Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/152

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opere di lui, come documenti di molto valore per la storia militare del secolo XVII.

Né con minore curiosità di quella che lo traeva a consultare le opere degli antichi scrittori avrà egli atteso a tenersi a giorno, per quanto gli era dato, di ciò che a quel tempo accadeva. Insino a lui sarà senza dubbio pervenuta notizia della mala condizione delle cose dell’imperatore, in gran parte dovuta alla sua incuria, che ci vien così al vivo descritta in una lettera che il Bolognesi scriveva il 13 gennaio 1641, della quale torna bene riferire il passo seguente: “Oh Dio, che governo è questo! Ogni mattina consigli e poi pranzi con banchetti lautissimi e con giuochi di grosse somme sin all’ora di cena, e chi vi vuol pensare vi pensi: voglio dire che non si attende alle cose necessarie, e poi vorrebbersi miracoli da Dio con orazioni, comunioni, elemosine al luoghi pii e celebrazione di messe ben pagate, et a mio credere sarebbe stata cosa più grata a Dio impiegare tal denaro ed aggiungerne altro, levandolo dal lusso che è grandissimo, in vestire la soldatesca che intendo grida vendetta sin contro l’Imperatore, come che con troppa crudeltà la faccia governare, e Dio sa con qual cuore anderà a combattere, se pur forse non risolverà di farlo alla disperata per fornire una volta la miserabile vita”. Né punto mutaronsi per volger di mesi le condizioni degli imperiali, come ce ne fa testimonianza una lettera scritta il 28 ottobre di quell’anno dal marchese Luigi Pallavicini che trovavasi allora colle truppe al campo di Nortewitz: “E’ una compassione, scriveva egli, il veder marciare a piedi nudi nel fango e nell’acqua gli offiziali e bever acqua, ma empietà il far crepare di fame e di freddo quei soldati che finalmente sono il miglior sangue che l’imperatore abbia nelle vene. Iddio lo perdoni a chi n’è la causa. Altro non so che soggiungere se non che mi trovo consumato, senza un soldo, e S. A. (l’arciduca Leopoldo) non ne tiene: sia lodato Iddio”. In altra sua soggiungeva poi il Pallavicini che “uomini stanchi, nudi e morti di fame difficilmente vincono nemici freschi, ben vestiti e calzati”. Era a capo delle truppe l’arciduca Leopoldo fratello dell’im-