Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/156

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Un’altra lettera di un gesuita Massimiliano Montecuccoli, che dovrebbe essere appunto quello sul quale c’interteniamo, scritta l’8 giugno 1645, la quale è tra i manoscritti del marchese Capponi in Firenze, c’insegna che innanzi d’entrare in religione avesse egli avuto figliuoli. Prega esso infatti in quella il Bolognesi, già rimpatriato, a fargli avere a Reggio le lettere de’ suoi figli, essendoché da Novellara, ove trovavasi, gli era stato da’ suoi superiori (gesuiti) ordinato di andar colà. Nessun albero però della famiglia Montecuccoli tien nota di questi figli di Massimiliano, o ch’egli avesse moglie; il che dà luogo a supposizioni diverse: ma di lui ci è conto come nel 1647 andasse con altri dieci gesuiti alle missioni del Paraguai, pel qual paese chiedeva indulgenze al cardinal d’Este con lettera scritta da Genova. Se non che basti il già detto dei fratelli di Raimondo, e ripigliamo piuttosto il racconto dei casi suoi. Il 5 dicembre pertanto del 1641 una lettera del marchese Luigi Pallavicini dal campo imperiale di Guerfort indirizzata al Bolognesi narrava dagli svedesi condotto Raimondo da Stettino a Weimar; e stimavasi per un cambio con altri; anzi designavasi ancora l’ufficiale svedese che si libererebbe, e che Girolamo scriveva già partito da Vienna. Furono vane speranze: e da Weimar faceva Raimondo sapere al Bolognesi che, quantunque non disperasse di una vicina liberazione, temeva peraltro non riescissero a ritardarla i bavari colle istanze che all’imperatore facevano in favore di due prigionieri loro. Erano questi Jean de Werth, che quattro anni innanzi era stato da Bernardo di Weimar, che lo aveva vinto in battaglia, mandato a Parigi; e il colonnello Pequem (altri scrisse Puech): i quali appunto allora vennero dati, in cambio del general Horn. E pochi giorni innanzi, cioè il 18 gennaio, il Borri che rivestiva allora il grado di sergente generale, ad un pranzo del conte Cassel, ov’era altresì il Bolognesi, annunziava aver offerti due colonnelli svedesi prigionieri suoi ed altri officiali in cambio del Montecuccoli e del colonnello Pompei. Ma che aveva egli pure incontrata l’opposizione che dicemmo dei bavaresi; i quali profferito avevano anche all’arciduca Leopoldo di restituirgli i duemila talleri che sborsato aveva per la liberazione di Raimondo,