Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/158

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dicemmo aver egli fatta sulla tattica degli svedesi: ma ignoro se a questo lavoro avesse poi agio di attendere. Opportunissima riesciva ai disegni del duca di Modena la liberazione di quel valente suddito suo, dell’opera del quale meditava giovarsi. Erasi egli infatti lasciato indurre a sostenere contro i Barberini, nipoti di papa Urbano che da essi veniva a lor posta dominato, le ragioni di Odoardo Farnese cognato suo, al quale il suo ducato di Castro volevano essi confiscare, allegando i debiti da lui contratti cogli impresarii de’ monti di Roma. Invano erano corse pratiche per impedire che avessero queste private querele a mutarsi in una guerra. Era stato il duca stesso di Parma nel 1639 a Roma per cercare accomodamenti, e venne a tal uopo spedito colà dal duca Francesco I il marchese Francesco Montecuccoli con diverse proposte, tra le quali quella persino di un parentado da contrarsi mercé un matrimonio tra un estense e una Barberini. Venne ancora segretamente posta un momento in discussione una lega del duca col papa, cosa da ritenersi impossibile se di ciò non si trovasse ricordo nel carteggio diplomatico del Montecuccoli (lettera del 26 aprile 1642). Fu quest’ultimo bene accolto dai Barberini, desiderosi, come dice l’Avogadro nel suo Mercurio, di guadagnarsi l’animo del duca nell’impresa che meditavano contro Parma. Ma o perché deluse vedessero le speranze concepite, o perché le melliflue parole loro coprivano inganno, il marchese, dopo essere stato più volte da essi trattenuto col metter fuori nuovi progetti, dal partire da Roma, di là finalmente levossi. E mal satisfatto si disse egli così degli ecclesiastici come anche del duca di Parma, il quale, secondo scriveva confidenzialmente al Bolognesi, non aveva voluto prestarsi con qualche concessione a cercare d’impor fine a quei dissidii, troppo fidando nei francesi, i quali ogni cosa intorbidavano.

Usando le scomuniche e poscia le armi, vollero i Barbe-