Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/170

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E per questi riguardi verso il Bevilacqua, ai quali or ora accennavamo, o per altra cagione che si fosse, si sarà il duca probabilmente riservato di fare la nomina del mastro di campo generale allora che sarebbero le truppe entrate in campagna, dappoiché a Raimondo fu dato per allora il grado di generale della cavalleria; dalla qual dilazione all’esaudimento della sua dimanda tutto induce a credere che Raimondo non dovesse restare offeso.

Veniva il Montecuccoli da paesi ove da molti anni ardeva la guerra, e guerra tale che talvolta neppure i rigori della stagione bastavano ad interrompere. Natural cosa quindi è il supporre che si sarà egli figurato di ritrovare l’una a fronte dell’altra, e forse già fra loro azzuffatesi le schiere de’ contendenti italiani. Onde non scarsa meraviglia gli avrà ingenerato certo nell’animo il vedere che di guerra non v’erano se non gli apparecchi; tenendosi gli eserciti ciascuno entro le frontiere sue, salvo quello di Parma, che ritornava allora dall’escursione che dicemmo aver fatto nello stato pontificio. Vedeva egli inoltre che ad eccezione del Farnese, dalla necessità pressato di riavere il suo, e dell’Estense, che mirava a Ferrara, ed era, come scrisse il Galluzzi storico del granducato, il solo che avesse coraggio di prendere armata mano le parti di quello, non si mostrava ne’ collegati desiderio vivo di guerra; tepidi anzi e sospettosi i veneti e il granduca, né ad altro aspirando il papa, se non a conservarsi il mal tolto. Dalla qual condizione di cose un interminabile scambio di note si originava, di proposte, di trattative d’ogni sorta; cose tutte alle quali non era Raimondo né preparato né propenso, e che più mesi continuò dopo il suo arrivo in Modena. Ma sarà egli stato senza dubbio a parte dei consigli militari che allora si tennero, dopo che il marchese Tassoni ministro estense a Venezia, ebbe colà il 31 ottobre dichiarato che inutili tornando le speranze di accordi, il tempo era venuto di ottenerli mercé le armi, non potendo del rimanente sottostare più a lungo il principe suo ai dispendii che quella pace armata gli cagionava . Né senza l’approvazione di Raimondo quelle proposte