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avrebbono la condotta de’ viveri, ma anche la marcia della gente, né le truppe della serenissima Repubblica aderivano a far la guerra ne’ monti, come quelle che non facilmente s’accomodano a patimenti”. Per trar fuori i pontificii da Castelfranco, d’onde minacciavano la pianura modenese, cercò il duca di chiamarli verso Bazzano, che fece assalire dal Montecuccoli. V’erano a guardia duecento soldati di fortuna ed alquanti villani armati che “bravamente, dice il Montecuccoli, per tre o quattro ore si difesero senza mai volere intendere d’accordo; sin tanto che, havendo il cannone fatto qualche apertura nel muro, si entrò per forza, e si tagliarono tutti a pezzi”. Colà fu ferito Raimondo, che fece scrivere al principe Mattia: “una palla di spingarda qui sotto Bazzano m’ha strisciato i due diti più piccoli della mano destra et la pancia, m’ha fatto gonfiare tutta la mano in modo, che per ora non posso adoperarla”. Ma fu danno passeggero. Venne nella notte seguente mandato il sergente generale Formica ad occupare Monteveglio, fabbricato in luogo difficile sopra di un monte; e prigioniera vi rimase la guarnigione. Dal sergente maggiore Barozzi colà spedito si cominciò anche a fortificarlo, ma la mancanza d’acqua e la necessità di non disperdere in tanti luoghi le truppe indussero poi Raimondo ad abbandonarlo ; e così fu abbandonata anche Serravalle che pure si era arresa; luoghi questi, diceva in una sua lettera, più facili a conquistare che a conservare. In altra lettera lamentava egli che non lasciasse il nemico “conforme al costume d’abbruggiare qualche villaggio su lo Stato di S. A. mio signore quand’ei può, né terrebbe che a noi il rendergliene la pariglia, ma in questo punto la pietà di S. A. surmonta la ferità degli altri”. Il che quanto agli incendii era vero; ma era vero altresì che saccheggiavano a man salva anche gli estensi. Di alcuni lor capitani, dice poi il Montecuccoli che “sviavano i soldati veneti”; che forse vorrà dire s’adoperassero ad iscriverli nelle loro compagnie.